Abbiamo visto nel brano precedente come anche nei padri (non solo nelle madri) si verifichino dei cambiamenti comportamentali, sostenuti da modifiche biofisiche e ormonali, che portano ad un incremento della relazione con il figlio, e che rendono più forte il legame affettivo.
Ma nel nostro ambiente sociale le aspettative per quanto riguarda ruoli e comportamenti sono diverse per le madri e i padri; queste aspettative influenzano quindi direttamente le possibili esperienze delle due figure genitoriali durante il ricovero, e sono rispecchiate anche nelle attitudini degli operatori della salute verso di essi.
Il padre entra in contatto con il mondo della terapia intensiva neonatale senza un ruolo chiaramente definito, come al contrario accade nella madre.
Si possono comunque individuare a grandi linee tre prerogative ritenute espressione del genere maschile:
1 – L’impiego ed il lavoro sono principalmente responsabilità degli uomini
2 – Le donne sono meglio degli uomini nella assistenza
3- Gli uomini dovrebbero essere forti.
“Ci si aspetta che siano gli uomini a portare a casa i soldi, e che quindi non possano essere molto presenti durante il ricovero”.
Gli obblighi del lavoro e/o della cura dei figli più grandi a casa comportano anche che i padri non abbiano la possibilità di visitare il figlio ricoverato; spesso quindi non ricevono una informazione diretta dallo staff, ma solo attraverso le madri. Quando questo accade porta a un sentirsi tagliati fuori , come se non si fosse un genitore completo.
“Le donne sono considerate assistenti naturali; gli uomini no”
E’ piuttosto diffusa l’opinione nella nostra società che le madri siano le assistenti principali e così i padri siano secondari. Perciò i padri nelle terapie intensive neonatali (TIN) possono vedersi essi stessi come genitori in seconda e lo staff più o meno consapevolmente può trattarli come aiutanti, piuttosto che come genitori a pieno titolo.
Qualche studio ha osservato che i padri mantengono un atteggiamento meno intimo con il loro figlio quando la madre è presente, essi cioè delegano alla madre l’accudimento.
Peraltro l’ambiente culturale maturato negli ultimi anni ha prodotto cambiamenti importanti: sempre più frequentemente si verifica che lavorino entrambi i genitori, e anche se la madre lavoratrice porta ancora il peso delle incombenze domestiche in misura maggiore rispetto ai padri, questi ultimi sono comunque coinvolti di più rispetto al passato nella gestione pratica quotidiana dei figli.
La costruzione primaria/secondaria del rapporto affettivo col figlio è stata per lungo tempo discussa dagli psicologi dell’età evolutiva che hanno osservato l’importanza che il sistema di assistenza attorno al bambino coinvolga legami parentali multipli, e il sostegno da parte di un genitore verso la relazione dell’altro genitore con il bambino; in questa prospettiva non c’è un primario o secondario, piuttosto si può parlare di un team con progetto univoco.
Quindi c’è la necessità che gli operatori della TIN si rivolgano al padre con l’idea che egli è al pari della madre un caregiver primario, rispettando nello stesso tempo il suo ruolo diverso.
“Ci si aspetta che gli uomini siano forti e protettivi”
Alcuni studi hanno evidenziato che molti padri nelle TIN non si sentono in libertà di lasciarsi andare emozionalmente. Qualche padre ha espresso costante preoccupazione e un’incapacità a rilassarsi. Ma essi descrivono anche come si sforzino di apparire calmi e di non mostrare nulla di questo, in linea con gli ideali maschili di indipendenza e autosufficienza. Un recente studio americano ha evidenziato che, alla dimissione, i livelli di cortisolo registrati nei padri hanno chiarito che essi erano più stressati delle madri, anche se questo stato emotivo non veniva riferito nel questionario che avevano compilato sullo stress percepito. I padri dicevano che il loro ruolo era di soddisfare le necessità e le aspettative della madre e che non si aspettavano da lei un supporto reciproco .
Alcune associazioni di sostegno alle famiglie di bambini ricoverati in TIN negli Stati Uniti hanno stabilito delle linee guida per la care psicosociale dei genitori: esse raccomandano che gli psicologi incontrino tutti i genitori/principali caregivers entro uno-tre giorni dal ricovero per stabilire una relazione di lavoro, normalizzare il distress emotivo e valutare il rischio di depressione o di stress post-traumatico.
Una ulteriore valutazione dovrebbe essere fatta al momento della dimissione.
La care centrata sulla famiglia (FCC) comporta che la TIN sia accogliente per la famiglia e questo naturalmente include i padri. La completa flessibilità dell’accesso per i padri è importante, per favorire le visite ad ogni momento del giorno in relazione al loro lavoro e alla cura degli altri figli.
L’educazione in ospedale dovrebbe anche preparare i genitori per il ritorno a casa, dove essi devono lavorare insieme come un team, avendo cura del bambino e uno dell’altro
“Vicinanza padre bambino”
Gli operatori, infermieri e medici, possono supportare la vicinanza padre-bambino in vari modi
-aiutare i padri a riconoscere le risposte del bambino nei loro riguardi, per esempio come il figlio si tranquillizza quando se ne occupa il padre.
-aiutare i padri ad essere dei caregivers autonomi per il bambino. La nuova comprensione della biologia e neurobiologia della paternità evidenzia come il contatto pelle a pelle padre-bambino sia un fattore particolarmente importante, poiché scatena istinti che facilitano la sintonia con le necessità del bambino , introducendoli in un ruolo paterno attivo. Il contatto pelle a pelle ha un ruolo unico nell’aiutare i padri a costruire fiducia come caregivers di pari dignità, a non essere secondari, e a scoprire la gioia dell’amore verso il loro bambino.
– permettere ai padri di incontrarsi tra loro nella TIN restando vicino ai loro figli. Questo trasmette una diversa norma sociale.
“Dare informazioni ai padri direttamente”
I padri tipicamente richiedono informazioni come un modo per sentirsi meno fuori controllo. E’ importante informare i padri direttamente, non soltanto attraverso le madri, e questo significa da parte degli operatori essere capaci di dare informazioni nei momenti in cui i padri sono disponibili rispetto al lavoro e la cura dei fratelli più grandi. E’ auspicabile comunque dare gli aggiornamenti importanti ai genitori quando essi sono insieme: due persone capiranno l’informazione in modi diversi, possono discutere e dare supporto uno all’altro in seguito, uno può fare domande che l’altro può non sentirsi in grado di fare.
Questo scritto è la seconda parte tratta dalla traduzione libera di un articolo apparso nell’agosto 2018 sulla rivista “Journal of Neonatal Nursing”, dal titolo “Fathers in neonatal units:Improving infant health by supporting the baby-father and mother-father coparenting”, di Duncan Fisher ed un gruppo di studiosi provenienti da diversi paesi europei , dall’Australia e dall’America.
In questi ultimi anni le madri hanno potuto conquistare un ruolo da protagoniste all’interno delle terapie intensive neonatali, i prossimi anni dobbiamo fare in modo che questo accada anche per i padri, riconoscendo i loro specifici bisogni e desideri. E’ un impegno che dobbiamo prenderci tutti, operatori e utenti della terapia intensiva neonatale.
Dr.ssa Valeria Chiandotto