Nella vita di ogni giorno siamo avvolti dalla musica e, senza bisogno di scegliere di persona il tipo di musica da ascoltare, l’ascolto spazia da canzoni che si possono riferire a molteplici generi, dal melodico al rock, dal pop al heavy metal, dal folk alla musica classica.
Basta entrare in qualsiasi grande magazzino, supermercato alimentare, negozio di abbigliamento, bar o ristorante, parrucchiere e perfino dal panettiere e ci troviamo immersi in vortici musicali che prescindono dalle nostre preferenze. Ma anche nelle nostre case radio o televisione rimangono spesso accese in sottofondo distribuendo messaggi musicali di grande variabilità.
Questa musica quasi non la sentiamo, è talmente presente da non richiamare la nostra attenzione, da non interrompere il filo dei nostri pensieri o delle nostre conversazioni. Siamo assuefatti a questi “ bombardamenti sensoriali”.
Chi ha un bambino piccolo, soprattutto nei primi mesi e anni di vita, si pone il problema di dare al proprio figlio delle stimolazioni adeguate, e tra queste anche quelle musicali. C’è forse un genere musicale che è più adatto? Gli farà bene ricevere tante stimolazioni ? Come genitori dobbiamo valutare anche questo aspetto, di come possa essere accolto da un bimbo un ascolto musicale. Per orientarci dobbiamo fare un passo indietro e considerare lo sviluppo neurologico del bambino.
Sappiamo che nel periodo di rapido sviluppo del cervello, quale si riscontra nei primi anni di vita, la plasticità è enorme ed è condizionata dall’ambiente. Si apprende in base alle esperienze. Ma ricordiamoci anche che nel bambino devono ancora maturare quei filtri selettivi che a noi adulti permettono di ascoltare un suono, parola o musica, che ci piace o ci interessa e di non far caso se non ci interessa: il neonato non può ancora farlo, è “costretto” ad ascoltare.
Come nelle altre aree dello sviluppo, quella del movimento, quella del linguaggio o del comportamento anche nell’ascolto musicale c’è una strada da percorrere e una sensibilità da maturare ed esercitare e maturerà meglio se sapremo guidarla nel modo giusto.
Ci sono molti studi nella letteratura scientifica che, sfruttando le nuove tecnologie di neuro immagini, hanno messo in risalto come un ascolto musicale precoce e appropriato riesca ad attivare più aree cerebrali ed ad aumentare le connessioni tra esse, mettendo in funzione percezioni emotive (la musica tocca il cuore), reazioni motorie ( di eccitazione o rilassamento) , di memoria (riconoscimento del brano). Queste registrazioni sono state effettuate anche nei neonati nelle prime settimane di vita e nei bambini degenti nei reparti di terapia intensiva neonatale; sono state documentate così variazioni nella frequenza cardiaca, nel ritmo del respiro, ma anche maggior crescita di peso, e diminuzione dello stress alle analisi del comportamento.
In generale gli esperti concordano che la musica debba essere un intervento individualizzato, debba rispettare i ritmi di sonno e veglia ed essere alternata a periodi di silenzio; deve essere modulata in base alle reazioni comportamentali e deve rispettare il livello di maturazione raggiunto in base all’età gestazionale; significa che va considerata la progressiva capacità del bambino di integrare la complessità degli stimoli proposti.
Mettendo insieme queste conoscenze scientifiche con il ricordo del dialogo così intimo e personale avviato durante la gravidanza e con la vicinanza dei genitori durante i giorni di ricovero, cosa ci può essere di meglio nelle prime settimane di vita di un canto materno? Una ninna nanna o una filastrocca, pronunciata dalla voce già nota della madre, o una musica a labbra chiuse, lenta e accompagnata, a seconda della disponibilità del piccolo all’interazione, da uno sguardo o da un abbraccio, accende nella mente dei protagonisti, genitori e figlio, una intensa e piacevole relazione, momenti da custodire per il futuro su cui costruire una memoria musicale e non solo.
Valeria Chiandotto
Maggio 2020